Passa ai contenuti principali

La trattativa di vendita: 5 errori da non commettere mai

Qualsiasi cosa tu voglia vendere, un bene, un servizio; che sia in gioco un macchinario o una commessa di milioni di euro… ci sono dei fondamentali da rispettare che sono tali semplicemente perché siamo tutti essere umani, anche i compratori!
Ecco quindi i 5 ERRORI fatali nella trattativa di vendita, da evitare a tutti i costi:



1) Sbagliare persona: Non è così scontato e banale, durante la trattativa essere certi di rivolgersi alla persona giusta: il vero decisore d’acquisto.
Altrimenti si può essere brillanti, favolosi, super-convincenti, ma sarà tutto inutile, se non - addirittura - dannoso.
Spesso siamo fuorviati da pregiudizi o atteggiamenti.
Esempio di pregiudizio: dovevo scegliere l’auto nuova, mi sono fatta accompagnare da mio marito. Siamo entrati insieme in concessionaria, ho chiesto io al venditore di mostrarmi un modello e lui... ha cominciato a illustrare l’auto rivolto a mio marito.
Ho tagliato corto in un minuto netto e siamo andati dritti dalla concorrenza!
Altre volte magari siamo fuorviati dall'atteggiamento: ci rivolgiamo a chi fa più domande e invece chi decide è chi ci osserva silenziosamente dell'angolo.

2) Partire con la trattativa senza preparazione e senza un obiettivo: qualunque cliente va studiato prima e affrontato avendo già in mente quali possano essere i suoi bisogni e quindi con degli obiettivi abbastanza precisi in mente. La vendita non si affronta allo sbaraglio.

3) Sbagliare momento: carpe diem!
Che significa:
- non esitare a scrivere l’ordine se cogli un barlume di apertura, senza attendere un permesso esplicito,
ma anche
- offrire di incontrarsi un’altra volta se non è giornata per un qualsiasi motivo, spiegando al cliente che se è impegnato, preoccupato, preso da altro… vi date un altro appuntamento per il giorno X alle ore Y (sempre fissare!).

4) Fare pressione: il compratore deve essere persuaso, non forzato.
Proprio in questo sta la bravura di chi presenta, promuove e vende.
Si individuano i bisogni tramite le giuste domande, si illustrano i vantaggi e con l’entusiasmo e l’empatia si raggiungono i risultati.

5) Dimenticare di seguire il cliente post-vendita: significa perdere tutte le possibilità ulteriori che una corretta assistenza assicura.
E poi il cliente è una persona, non una macchina in cui spingi un pulsante ed escono soldi.
Cerchiamo sempre di instaurare delle relazioni anche formali ma gratuite, interessandoci della sua vita o della sua professione.
Una telefonata ogni tanto, solo per sapere come va, fa piacere a chiunque.

Cos'altro si può sbagliare?
Tantissime altre cose, a seconda del campo e dell'esperienza, ma con la conoscenza del proprio prodotto, la determinazione a raggiungere l'obiettivo, una corretta pianificazione della giornata e del mese e, soprattutto, tanta attenzione al prossimo e alle sue esigenze si possono fare grandi cose.

Chiara Tonon

Commenti

Post popolari in questo blog

“Il cliente è un asset, non un bene consumabile”

Si può riassumere così, in termini aziendalistici, il valore della centralità del cliente nei processi di mercato.  “Il cliente è un asset, non un bene consumabile” Non si tratta "solo" di un tema di marketing, ma della consapevolezza che deve permeare tutte le funzioni aziendali se si vuole giungere al successo e far crescere il valore. Non basta un CRM, per la customer centricity (talvolta non serve neppure). Serve invece la voglia di incontrare i clienti, comprendere le loro esigenze e i loro obiettivi, capire come soddisfarli con prodotti e servizi, al prezzo corretto e distribuiti in modo accorto. Per funzionare davvero la customer centricity è un concetto che dovrebbe guidare l’evoluzione aziendale a partire dalla gamma, non solo riguardare i momenti di contatto con il cliente. Le persone si interessano a noi nel momento in cui parliamo con loro, di loro. Lo stesso vale sui mercati. Perché siamo sempre esseri umani in relazione con altri esseri umani.

Cambiare tutto o non cambiare niente, oggi?

In un contesto di mercati iper-competitivi e in rapida evoluzione come quello odierno, non porsi alcune domande, che potrebbero anche sembrare assurde o provocatorie, può generare disastri. Una delle cose che si dà per scontata in azienda è "cosa facciamo e per chi". Il core-business è un dato di fatto e tutto quello che esula è guardato con sospetto, a volte addirittura con disdegno. Un esempio? Se faccio macchine professionali per... (qualsiasi cosa, dal cucito alla cucina, dal lavaggio al giardinaggio), difficilmente prendo in considerazione l'idea di passare al mass market, al domestico, anche quando è poco presidiato. Perchè?  Perchè il prodotto di mass market è spesso percepito come meno pregiato o prestigioso. Ma, c'è un grande ma. Ho correttamente valutato le opportunità che potrebbero essere insite in un cambio di passo, oppure semplicemente lavoro come ho sempre fatto? Il più delle volte, ammettiamolo, non facciamo neppure un esercizio di stile, semplicement

L’importanza del feedback nelle azioni di marketing

Che senso ha qualsiasi azione se non si ottiene riscontro degli effetti che ha avuto? Nessuno fa una dichiarazione d'amore senza attendere la risposta. Nessuno si mette alla guida senza tenere sotto controllo ciò che accade davanti (e tutt’intorno) all’auto, nonché sul cruscotto. Nessuno cucina la cena per la propria famiglia senza attendere con gioia l’effetto del primo boccone. Un sorriso o un naso arricciato possono essere sufficienti, un complimento è sempre gradito. Si può quindi pensare di implementare delle azioni commerciali o di marketing senza chiedere dei risultati qualitativi e quantitativi , senza essersi prefigurati degli obiettivi , senza aver immaginato degli strumenti (anche imperfetti) per misurare gli effetti delle azioni stesse? Eppure in molte aziende, anche di grandi dimensioni, non c’è attenzione a questo genere di aspetti, specie se il marketing è confuso con la comunicazione, sineddoche così frequente, che pare consentire di rimandare