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Veleno o entusiasmo? Il clima aziendale e la produttività

La crisi ha avvelenato i rapporti.
Il Bel Paese è un Paese che fatica a sorridere, concordate?

Capitano sempre più spesso, specie sul lavoro, episodi di maleducazione, insubordinazione, inciviltà, che pesano sul cuore delle persone più sensibili e soprattutto deprimono l’entusiasmo, la voglia di far bene e di dare di più.

Tutto ciò si traduce in danni economici, specie nelle PMI, perché le grandi aziende sono molto più robuste.
Un ambiente di lavoro sereno, se non allegro, al contrario promuove la libera circolazione della comunicazione, che è vitale per lavorare bene, per evitare errori, per costruire un’esperienza comune.

D’altra parte la Direzione o i Titolari (o peggio “el paron”) spesso sono gli ultimi ad accorgersi dei problemi, perché solo quando l’esasperazione è al massimo le grida raggiungono il vertice. E non c’è niente di peggio che credere che tutto vada bene, quando invece la frana è già iniziata.

Come evitare tutto ciò? 



1) Creare un clima collaborativo, lavorando spalla a spalla.
Il leader non è il capo e il capo non è leader.
Siate leader nella vostra azienda. 
Cosa significa essere leader? Semplicemente essere i primi a “tirare il carretto” invece di star seduti a cassetta e schioccare la frusta. E ascoltare.
Questo spesso non basta però a colmare i gap, la distanza tra il leader e gli altri.

2) Creare dei questionari anonimi per raccogliere in ogni momento le richieste di migliorie e le idee per le innovazioni.
Chi vorrà vi parlerà a viso aperto - come magari ha sempre fatto - e si prenderà il merito, ma altri preferiranno la cassettina in fondo al corridoio. Perché no?

3) Una volta all’anno o ogni due anni predisponete un colloquio dei dipendenti e dei collaboratori con uno psicologo del lavoro che stenda una relazione sul clima interno: farà da termometro. Non costa così tanto. Costa di più il malanimo con le perdite nascoste che induce.

Infine, più importante di tutto, fate un’analisi di coscienza e chiedetevi quali sono i valori che promuovete effettivamente in azienda e quali vorreste promuovere.

Premiate gli sgobboni o chi raggiunge i risultati?

Create meccanismi coercitivi, che rendono i dipendenti bambini per sempre o li responsabilizzate affidando loro responsabilità precise?

Siete dei punti di riferimento e degli esempi o piuttosto dei colli di bottiglia perché ogni decisione passa necessariamente da voi (e poi accusate i vostri dipendenti di non sapersi arrangiare)?

Perché oggi scrivo di queste cose? Qualcuno penserà che non competano al marketing. Effettivamente sono riflessioni di organizzazione preliminari al marketing, ma dalle condizioni poste in termini di ambiente e organizzazione del lavoro dipendono spesso le sorti delle strategie di marketing, cioè i risultati.
Il miglior piano del mondo fallirà se non ci saranno persone disposte a metterlo in atto con entusiasmo dedizione ma che anzi lo saboteranno con obiezioni, mal di pancia tattici, ripensamenti, "dimenticanze" e liti.

Chiara Tonon

Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Grazie, Mauro, per aver specificato gli esempi di check istituzionali e i link, penso che anche i miei "5 lettori" apprezzeranno, oltre a me. L'Alto Adige spesso importa dei modelli europei in anticipo rispetto al resto d'Italia, un po' come Milano.
    UN cordiale saluto

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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