Leggo spesso opinioni contrastanti sul marketing B2B (fra
imprese) e il marketing B2C (rivolto ai consumatori).
C’è chi sostiene che sia una distinzione senza senso, perché si
vendono sempre prodotti e/o servizi a persone (siano buyer o utenti finali), in fin dei conti la psicologia rimane quella dell'essere umano.
C’è chi elenca differenze irriducibili, perché i buyer sono
più razionali mentre il consumatore subisce il richiamo delle emozioni, perchè nel B2C è importante la marca ( e nel B2B, no?!); perché nel B2B ci sono procedure schematiche (ditelo alle PMI) ecc.
Affronterei laquestione in modo più sfacettato.
È ovvio che le imprese si rapportino tra loro per mezzo di
persone (fossero anche avvocati, sempre un cuore e un cervello hanno - perdonate la battuta); non per
questo i meccanismi di scelta per un macchinario da 150.000 euro, per un
bancale di bottiglie di vino e per la cena di stasera sono gli stessi, anche qualora sia la stessa persona a provvedere.
Nel marketing B2B ci sono cose importanti che mi fanno affermare che la risposta giusta alla domanda è: “dipende”.
Un imprenditore agricolo (o chi per lui: ufficio acquisti,
consulente, manager…) cercherà di richiedere tutte le informazioni utili per un
acquisto importante di impianti, immobili, vigne, hardware, software, ecc.
Lo stesso imprenditore potrà essere più rilassato ed emotivo nel momento in cui
decide il colore nuovo delle pareti del proprio ufficio.
Ancora diverso sarà il suo atteggiamento, immagino, sulle forniture di routine di prodotti come guanti, tute per gli operai, toner per le stampanti.
Ancora diverso sarà il suo atteggiamento, immagino, sulle forniture di routine di prodotti come guanti, tute per gli operai, toner per le stampanti.
Sono tutte situazioni in cui interagiscono tra loro persone
che si rapportano tra loro nel ruolo che rivestono per l’impresa, ma la
strategicità degli acquisti, la loro importanza per il futuro dell’impresa e
forse persino il piacere con cui si sceglie e si tratta con l'interlocutore, sono completamente diversi.
La differenza è apportata da molti elementi diversi: il
ruolo di cui la persona è investita per quella specifica scelta (è per me, è
per altri, sono denari miei o di altri) dal livello di conoscenza e professionalità rispetto allo specifico acquisto (sono perfettamente a conoscenza di tutto
quello che mi serve, è un acquisto mai fatto prima); la cifra da spendere è importante in
relazione ai parametri personali o si tratta di poca cosa; la spesa è per un
investimento o rappresenta solo un costo...
L’emozione, il mi piace, rientrano sicuramente anche nelle imprenditoriali e di azienda, sia a livello conscio che inconscio. Conta anche l’atteggiamento con cui si percepisce la controparte: “mi fido di
questo venditore e o mi dà più fiducia l’altro”. In fondo anche questo è un aspetto di feeling, istintivo.
Questo è il motivo per cui credo che nessuno abbia mai operato, neanche con le procedure di gara più cogenti, una scelta totalmente razionale.
D’altra parte non mi va neanche di pensare che il consumatore
al supermercato, l’emblema del marketing B2C, sia una gallina senza testa, che
si fa condizionare sempre da colori, luccichii, prezzi civetta, profumi e sensazioni.
Proviamo a chiedere a qualcuno che deve vivere con 1.200 euro al mese, magari in affitto e mantenendo una famiglia di 3 o 4 persone, se al supermercato sceglie le cose che piacciono di più o quelle che costano meno ma sfamano.
Proviamo a chiedere a qualcuno che deve vivere con 1.200 euro al mese, magari in affitto e mantenendo una famiglia di 3 o 4 persone, se al supermercato sceglie le cose che piacciono di più o quelle che costano meno ma sfamano.
Che poi anche la valutazione del rapporto prezzo/prodotto sia difficile e
soggettiva penso metta d’accordo tutti, ma quando il vincolo di bilancio è
stretto, non ci sono tante fantasie.
Così pure sembrano cresciuti i trend di informazione pre-acquisto via web.
Le persone cercano rassicurazione nelle scelte degli altri a supporto della propria, nella vita quotidiana.
Le persone cercano rassicurazione nelle scelte degli altri a supporto della propria, nella vita quotidiana.
Clamorosi i casi di portali come TripAdvisor, che hanno fatto della
condivisione delle scelte e del relativo apprezzamento, il proprio motivo di
business.
Ci si aspetterebbe che le persone si informino e confrontino sul web
per acquisti importanti e invece uno dei siti più importanti al mondo ti
consiglia dove andare a pranzo.
In definitiva direi che è sempre poco opportuno voler
ricondurre comportamenti di una folla di persone a una singola formula, senza
nessuna analisi se non la propria personale filosofia.
Le diciture marketing B2B e marketing B2C restano utili per categorizzare una filiera di rapporti, non per fare previsioni o individuare metodi di approccio tout-court. Cosa ne dite?
Chiara Tonon
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