Fare business development, ovvero trovare nuovi clienti, è una delle cose più difficili al mondo, se si vuole farlo a livelli alti di competenza e di risultato.
In un mondo sempre più intasato di messaggi frenetici, vorticanti e rumorosi, come cogliere l’attenzione di un possibile cliente?
E una volta colta l’attenzione:
- come interessarlo,
- come ottenerne la fiducia
- come ottenere un appuntamento (qualora ne valga la pena per entrambi)
- come gestire bene l’appuntamento?
Ognuno con l’esperienza si dà le proprie risposte (o si dà per vinto e cambia mestiere).
Credo che gli americani siano sempre avanti su questi temi, ma che noi italiani talvolta facciamo fatica a interpretare nel nostro mondo e nella nostra cultura lo spirito di certi suggerimenti come “conoscere il cliente” e “parlargli di lui”.
Questo è vero soprattutto se viviamo ancora dentro aziende ferme alle telefonate a freddo o alle mail a freddo (timido sostituto) o abbiamo l’abitudine di arrivare dal cliente e mettergli sotto il naso la nostra prestigiosa “brochure con tutto”.
Cosa vuol dire parlare al cliente di se stesso e conoscerlo?
Per me significa “semplicemente” informarmi il più possibile sulla società e sulla persona da contattare prima di fare una qualsiasi proposta o domanda, in modo da pormi come interlocutore interessante e sinceramente interessato a procurare un qualche vantaggio a un possibile partner commerciale.
In concreto:
- prima di chiamare o scrivere mi assicuro che l’azienda e la persona possano essere realmente interessati a ciò che potrei proporre per dimensioni, tipo di lavoro, cultura e organizzazione aziendale ecc.
- quando mi presento parto spiegando nel modo più semplice e sintetico possibile ciò che faccio, senza aggettivi e spiego in che modo reputo di poter aggiungere valore all’azienda e al lavoro dell’interlocutore; qui di solito di accende un barlume di interesse o si chiude la conversazione con una qualche motivazione razionale e un arrivederci.
- rotto il ghiaccio comincio a fare delle domande per entrare nel merito e mi interesso sia dell’azienda, sia della persona e del suo ruolo, con rispetto e attenzione alle diverse sensibilità rispetto a certe domande su dati e organizzazione. In alcune aziende infatti si riservano di non rispondere anche su dati pubblici come il fatturato a bilancio, in altre la conversazione è più libera: è doveroso prestare attenzione e non dare mai nulla per scontato.
- compreso se ci sia uno spazio di reciproco interesse, si vede come e quando fissare un incontro di approfondimento, eventualmente allargato ad altre persone che in azienda abbiano interesse, influenza o potere decisionale sull’oggetto della mia proposta.
Le regole che mi sono data sono:
- evitare ogni indelicatezza nelle domande sul ruolo e l’organizzazione aziendale: mai dar adito al sospetto che si stia cercando un interlocutore più importante della persona con cui si parla. Sarei lui o lei a decidere chi includere in un eventuale incontro. E' una questione di rispetto prima di tutto;
- evitare ogni indelicatezza nelle domande esplorative sull’azienda: mai dare l’idea di voler estorcere segreti aziendali o informazioni sensibili. Si deve consolidare un legame di fiducia e rimanere su un livello di assoluta trasparenza;
- mai dare l’idea di essersi informati troppo, di sapere troppe cose; non squadernare rapporti con la concorrenza o case history troppo approfondite: fornisce l’idea di poca serietà nella gestione della privacy e dei rapporti con la clientela.
- chiedere piuttosto che dire: dare per scontato di conoscere un’azienda o il lavoro di una persona meglio di chi ci sta dentro è sempre un passo falso e mette in una posizione antipatica (di “voler insegnare il mestiere”);
- durante la telefonata e l’appuntamento lo spazio di ascolto deve essere almeno il 60% rispetto al tempo di parola;
- offrire solo servizi e prodotti utili, non presentare tutto lasciando che sia il cliente a scegliere.
Faccio il consulente anche e soprattutto quando vendo, o no?
Chiara Tonon
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