Passa ai contenuti principali

Prendi un Agente, Trattalo Male…

Lascia che ti aspetti per ore.
Non farti vivo e quando lo chiami
fallo come fosse un favore.
Fa sentire che é poco importante,
dosa bene Provvigione e crudeltà.
Cerca di essere un tenero Mandante
ma fuori Contratto nessuna pietà.

Scusate la parafrasi del già bistrattato Teorema di Ferrandini, ma mi serve a introdurre un tema attuale: come alle aziende convenga (economicamente) trattare i propri agenti.

Da quello che leggo nei gruppi e nei blog degli agenti e rivenditori, sembrerebbe che la lezione di Ferrandini come sopra riportata sia all’ordine del giorno.

Oggi pensiamo al trade, quindi e a come le aziende dovrebbero coinvolgere nelle proprie strategie chi si occupa di promuovere e vendere o rivendere i prodotti/servizi.

È utile alle aziende maltrattare o trascurare le proprie reti vendite o piuttosto il contrario? 
Morto un papa se ne fa un altro?
Penso di no.



Soprattutto per i settori dove serve fidelizzare i clienti (ma anche negli altri) e vi do tre ragioni supreme per trattare bene i venditori:

1) Mero calcolo economico: Un agente maltrattato, ovvero mandato allo sbaraglio, senza portafoglio clienti, senza plus e strumenti di vendita efficaci, senza un rimborso spese o un fisso o degli incentivi interessanti e dei premi fine anno, senza un profilo temporale confortante per il proprio lavoro produrrà necessariamente poco e quindi non ricoprirà neppure i propri costi Enasarco, che rimarranno a carico della mandante.

2)Vendite o Mancate vendite: Un agente demotivato e mandato allo sbaraglio presenta male il prodotto/servizio, brucia contatti o manca nel compito di fidelizzare i clienti, creando un danno enorme in termini di marketing, già nel breve-medio periodo. È questo che si desidera o piuttosto ottenere risultati positivi?

3) Tutela dell’immagine aziendale e della quota di mercato: Cambiare spesso il proprio volto sul mercato lede la credibilità stessa dell’azienda mandante, che viene reputata poco professionale dal proprio target. I vuoti vengono colmati dai competitor più organizzati e meglio dotati. Già nel medio periodo. Se invece si vuole aumentare la propria reputazione e la propria quota di mercato bisogna avere venditori in gamba che coltivino ottime relazioni.

Le reti vendite vanno stimolate e incentivate in modo trasparente e accorto; i contratti vanno stesi in modo chiaro e semplice, cercando soluzioni che permettano un equo guadagno sia all’azienda sia a chi si spende sul mercato per promuoverne i prodotti, mettendosi in gioco ogni giorno con i propri mezzi.

I migliori venditori (siano agenti, interni o clienti distributori/rivenditori) in particolare vanno trattati bene, in modo da creare legami duraturi e fruttuosi.

Chiara Tonon

Commenti

Post popolari in questo blog

“Il cliente è un asset, non un bene consumabile”

Si può riassumere così, in termini aziendalistici, il valore della centralità del cliente nei processi di mercato.  “Il cliente è un asset, non un bene consumabile” Non si tratta "solo" di un tema di marketing, ma della consapevolezza che deve permeare tutte le funzioni aziendali se si vuole giungere al successo e far crescere il valore. Non basta un CRM, per la customer centricity (talvolta non serve neppure). Serve invece la voglia di incontrare i clienti, comprendere le loro esigenze e i loro obiettivi, capire come soddisfarli con prodotti e servizi, al prezzo corretto e distribuiti in modo accorto. Per funzionare davvero la customer centricity è un concetto che dovrebbe guidare l’evoluzione aziendale a partire dalla gamma, non solo riguardare i momenti di contatto con il cliente. Le persone si interessano a noi nel momento in cui parliamo con loro, di loro. Lo stesso vale sui mercati. Perché siamo sempre esseri umani in relazione con altri esseri umani.

Cambiare tutto o non cambiare niente, oggi?

In un contesto di mercati iper-competitivi e in rapida evoluzione come quello odierno, non porsi alcune domande, che potrebbero anche sembrare assurde o provocatorie, può generare disastri. Una delle cose che si dà per scontata in azienda è "cosa facciamo e per chi". Il core-business è un dato di fatto e tutto quello che esula è guardato con sospetto, a volte addirittura con disdegno. Un esempio? Se faccio macchine professionali per... (qualsiasi cosa, dal cucito alla cucina, dal lavaggio al giardinaggio), difficilmente prendo in considerazione l'idea di passare al mass market, al domestico, anche quando è poco presidiato. Perchè?  Perchè il prodotto di mass market è spesso percepito come meno pregiato o prestigioso. Ma, c'è un grande ma. Ho correttamente valutato le opportunità che potrebbero essere insite in un cambio di passo, oppure semplicemente lavoro come ho sempre fatto? Il più delle volte, ammettiamolo, non facciamo neppure un esercizio di stile, semplicement

L’importanza del feedback nelle azioni di marketing

Che senso ha qualsiasi azione se non si ottiene riscontro degli effetti che ha avuto? Nessuno fa una dichiarazione d'amore senza attendere la risposta. Nessuno si mette alla guida senza tenere sotto controllo ciò che accade davanti (e tutt’intorno) all’auto, nonché sul cruscotto. Nessuno cucina la cena per la propria famiglia senza attendere con gioia l’effetto del primo boccone. Un sorriso o un naso arricciato possono essere sufficienti, un complimento è sempre gradito. Si può quindi pensare di implementare delle azioni commerciali o di marketing senza chiedere dei risultati qualitativi e quantitativi , senza essersi prefigurati degli obiettivi , senza aver immaginato degli strumenti (anche imperfetti) per misurare gli effetti delle azioni stesse? Eppure in molte aziende, anche di grandi dimensioni, non c’è attenzione a questo genere di aspetti, specie se il marketing è confuso con la comunicazione, sineddoche così frequente, che pare consentire di rimandare