Oggi si parla molto di vendita emozionale, in opposizione con le tecniche molto aggressive - e in ottica di breve termine - in voga negli anni Ottanta-Novanta.
Si intende un metodo di vendita coinvolgente, che fa leva sulle emozioni e sulle sensazioni del cliente, spesso a livello quasi inconscio, sicuramente irrazionale, che spesso funziona molto bene negli acquisti d'impulso.
Tutto giusto però…
Se si valutano gli acquisti più ponderati, non basati sull’impulso e se si considera che la crisi ha portato una larga fascia della popolazione a riconsiderare le proprie attitudini di spesa, a torto o ha ragione, almeno per i prodotti a maggior valore aggiunto preferirei piuttosto utilizzare tecniche di “VENDITA CONSULENZIALE”.
Cosa intendo?
Nella vendita consulenziale l'obiettivo primario è ovviamente quello di VENDERE, cambiano solo le modalità.
Ho detto "solo"? A dir il vero le modalità in alcuni casi, come nella vendita, sono tutto.
E come cambiano?
Comprendendo i BISOGNI ESPLICITI ED IMPLICITI DEL CLIENTE per poi creare SINTONIA, laddove possibile, tra questi e la reale offerta che il venditore è in grado di proporre.
Si prendono in considerazione gli aspetti tecnici e funzionali del prodotto/servizio in relazione ai bisogni del cliente, che si devono far emergere, creando una relazione, possibilmente empatica e (volendo) anche emotiva.
Per farlo occorre:
1) Essere preparati sul prodotto/servizio
2) Saper fare domande
3) Osservare il cliente
Servono quindi consapevolezza di sé e dell’altro, conoscenza approfondita del prodotto/servizio e capacità di creare e guidare una relazione, per quanto possa anche essere breve e unica (penso al commesso di un aeroporto, che finalizza una vendita unica o a chi vende pannelli solari).
I bisogni da far emergere dal cliente, abbiamo detto, sono sia espliciti sia impliciti, ovvero ci sono cose che si possono/devono chiedere – con domande aperte – e altre che bisogna saper osservare.
Tornando all’esempio della vendita in aeroporto i bisogni da esplicitare riguarderanno le preferenze inerenti la merce (quantità, tipologia ecc.).
I bisogni impliciti saranno il tempo a disposizione (sbircia l’orologio in modo ossessivo?) o certe preferenze culturali o certe difficoltà/opportunità legate al momento o alla persona.
Per esempio non offrirò alcolici a una donna musulmana che indossa il velo, non mostrerò vestiti bianchi a cinesi, se non direttamente richiesto – il bianco è il colore del lutto in Cina….
Non cercherò di vendere 13 rose rosse a un americano per la sua signora, ma magari 14/15!
Se dovessi vendere oggetti pesanti a una persona disabile o già carica di bagagli dovrei fornire anche una soluzione di trasporto, e via dicendo.
In buona sostanza, il principio da seguire per diventare dei veri consulenti commerciali, oltre che degli ottimi venditori, è vendere il massimo facendo felice il cliente.
Questo significa non solo massimizzare la singola vendita, ma aprirsi un ventaglio di possibilità future, con il singolo cliente e con le persone cui eventualmente comunicherà la sua esperienza positiva.
Chiara Tonon
Si intende un metodo di vendita coinvolgente, che fa leva sulle emozioni e sulle sensazioni del cliente, spesso a livello quasi inconscio, sicuramente irrazionale, che spesso funziona molto bene negli acquisti d'impulso.
Tutto giusto però…
Se si valutano gli acquisti più ponderati, non basati sull’impulso e se si considera che la crisi ha portato una larga fascia della popolazione a riconsiderare le proprie attitudini di spesa, a torto o ha ragione, almeno per i prodotti a maggior valore aggiunto preferirei piuttosto utilizzare tecniche di “VENDITA CONSULENZIALE”.
Cosa intendo?
Nella vendita consulenziale l'obiettivo primario è ovviamente quello di VENDERE, cambiano solo le modalità.
Ho detto "solo"? A dir il vero le modalità in alcuni casi, come nella vendita, sono tutto.
E come cambiano?
Comprendendo i BISOGNI ESPLICITI ED IMPLICITI DEL CLIENTE per poi creare SINTONIA, laddove possibile, tra questi e la reale offerta che il venditore è in grado di proporre.
Si prendono in considerazione gli aspetti tecnici e funzionali del prodotto/servizio in relazione ai bisogni del cliente, che si devono far emergere, creando una relazione, possibilmente empatica e (volendo) anche emotiva.
Per farlo occorre:
1) Essere preparati sul prodotto/servizio
2) Saper fare domande
3) Osservare il cliente
Servono quindi consapevolezza di sé e dell’altro, conoscenza approfondita del prodotto/servizio e capacità di creare e guidare una relazione, per quanto possa anche essere breve e unica (penso al commesso di un aeroporto, che finalizza una vendita unica o a chi vende pannelli solari).
I bisogni da far emergere dal cliente, abbiamo detto, sono sia espliciti sia impliciti, ovvero ci sono cose che si possono/devono chiedere – con domande aperte – e altre che bisogna saper osservare.
Tornando all’esempio della vendita in aeroporto i bisogni da esplicitare riguarderanno le preferenze inerenti la merce (quantità, tipologia ecc.).
I bisogni impliciti saranno il tempo a disposizione (sbircia l’orologio in modo ossessivo?) o certe preferenze culturali o certe difficoltà/opportunità legate al momento o alla persona.
Per esempio non offrirò alcolici a una donna musulmana che indossa il velo, non mostrerò vestiti bianchi a cinesi, se non direttamente richiesto – il bianco è il colore del lutto in Cina….
Non cercherò di vendere 13 rose rosse a un americano per la sua signora, ma magari 14/15!
Se dovessi vendere oggetti pesanti a una persona disabile o già carica di bagagli dovrei fornire anche una soluzione di trasporto, e via dicendo.
In buona sostanza, il principio da seguire per diventare dei veri consulenti commerciali, oltre che degli ottimi venditori, è vendere il massimo facendo felice il cliente.
Questo significa non solo massimizzare la singola vendita, ma aprirsi un ventaglio di possibilità future, con il singolo cliente e con le persone cui eventualmente comunicherà la sua esperienza positiva.
Chiara Tonon
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