Passa ai contenuti principali

Imprenditorialità: Istinto o Pianificazione?

Io credo nell’istinto imprenditoriale! Uno si sente dentro quando le cose stanno per girare bene!
Il successo è un istinto primordiale. Sai subito qual è la scelta giusta, a occhi chiusi. Non ho mai dubitato di me!
L’istinto non tradisce mai. La prima percezione è sempre quella giusta!

Quante volte abbiamo sentito pronunciare frasi di questo genere da persone di successo?

Umano che attribuiscano a se stessi i meriti della vita...
È piuttosto evidente d’altro canto che un “fallito”, ovvero una persona che a un certo punto della vita ha visto per un motivo o per l’altro, la propria fortuna svanire, tenderà a non attribuirne la causa al proprio istinto (tanto meno a se stesso) ma piuttosto a cause esterne (un socio, il trend economico, la sfortuna, la crisi, Equitalia…). O no?

E se invece fosse proprio il caso a governare le sorti dell’economia tutte le volte in cui non si persegue uno schema razionale, una ferrea pianificazione e una assennata suddivisione del proprio portafoglio rischi? 



Non lo sostengo tanto io, quanto eminenti scienziati e filosofi dell’economia. Vi invito per esempio a leggere “Il Cigno nero” e altre opere, davvero illuminanti del filosofo e trader Nicholas Nassim Taleb. Personalmente sposo la sua tesi.

Tornando a noi e al marketing, il modo più corretto per far funzionare il marketing in azienda è partire dalla pianificazione. Marketing infatti non è giocare in libertà e creatività con parole e colori, ma definire con approccio strutturato la strategia d’impresa.
Ovvero?

Si tratta di stabilire il modo più proficuo per l’azienda di affrontare il mercato, armonizzando le funzioni di produzione e commercializzazione.
Per farlo sono necessari:
- conoscenza del mercato (dei suoi trend, dei competitor, delle minacce, delle opportunità)
- conoscenza dell’azienda (delle sue potenzialità e delle aree di miglioramento, delle performance attuali e della capacità di crescita, dei suoi saperi e delle sue relazioni…)
- obiettivi strategici e target: fissare dove vuole andare l’azienda e con quali mezzi, strumenti e risorse,
in modo da stabilire il corretto MARKETING MIX, ovvero quell’insieme unico e straordinario di prodotto, prezzo, posizionamento, distribuzione, comunicazione ecc. ecc. che permetterà all’azienda di svolgere il proprio ruolo al meglio.

Tutto questo si definisce in un piano di marketing ben articolato, corredato di budget su vari profili temporali (breve periodo/medio-lungo periodo).

Solo così è possibile:
- Pensare al futuro in modo organizzato
- Decidere in modo integrato
- Coordinare le diverse parti dell’azienda, siano divisioni o reparti o uffici
- Aumentare la razionalità dei comportamenti, diminuendo gli sprechi (ed evitando le assurdità)
- Instaurare sistemi di feedback per migliorare costantemente performance e risultati o per correggere la rotta e finanche gli obiettivi.

Dov'è l’istinto in tutto questo?

Qualche scelta verrà sempre presa senza avere l’assoluta e perfetta informazione. Preferisco però parlare di assunzione di rischio calcolato e di responsabilità.

Giocare d’azzardo è un mestiere diverso da fare imprenditoria o dirigere aziende.

Chiara Tonon

Commenti

Post popolari in questo blog

“Il cliente è un asset, non un bene consumabile”

Si può riassumere così, in termini aziendalistici, il valore della centralità del cliente nei processi di mercato.  “Il cliente è un asset, non un bene consumabile” Non si tratta "solo" di un tema di marketing, ma della consapevolezza che deve permeare tutte le funzioni aziendali se si vuole giungere al successo e far crescere il valore. Non basta un CRM, per la customer centricity (talvolta non serve neppure). Serve invece la voglia di incontrare i clienti, comprendere le loro esigenze e i loro obiettivi, capire come soddisfarli con prodotti e servizi, al prezzo corretto e distribuiti in modo accorto. Per funzionare davvero la customer centricity è un concetto che dovrebbe guidare l’evoluzione aziendale a partire dalla gamma, non solo riguardare i momenti di contatto con il cliente. Le persone si interessano a noi nel momento in cui parliamo con loro, di loro. Lo stesso vale sui mercati. Perché siamo sempre esseri umani in relazione con altri esseri umani.

Cambiare tutto o non cambiare niente, oggi?

In un contesto di mercati iper-competitivi e in rapida evoluzione come quello odierno, non porsi alcune domande, che potrebbero anche sembrare assurde o provocatorie, può generare disastri. Una delle cose che si dà per scontata in azienda è "cosa facciamo e per chi". Il core-business è un dato di fatto e tutto quello che esula è guardato con sospetto, a volte addirittura con disdegno. Un esempio? Se faccio macchine professionali per... (qualsiasi cosa, dal cucito alla cucina, dal lavaggio al giardinaggio), difficilmente prendo in considerazione l'idea di passare al mass market, al domestico, anche quando è poco presidiato. Perchè?  Perchè il prodotto di mass market è spesso percepito come meno pregiato o prestigioso. Ma, c'è un grande ma. Ho correttamente valutato le opportunità che potrebbero essere insite in un cambio di passo, oppure semplicemente lavoro come ho sempre fatto? Il più delle volte, ammettiamolo, non facciamo neppure un esercizio di stile, semplicement

L’importanza del feedback nelle azioni di marketing

Che senso ha qualsiasi azione se non si ottiene riscontro degli effetti che ha avuto? Nessuno fa una dichiarazione d'amore senza attendere la risposta. Nessuno si mette alla guida senza tenere sotto controllo ciò che accade davanti (e tutt’intorno) all’auto, nonché sul cruscotto. Nessuno cucina la cena per la propria famiglia senza attendere con gioia l’effetto del primo boccone. Un sorriso o un naso arricciato possono essere sufficienti, un complimento è sempre gradito. Si può quindi pensare di implementare delle azioni commerciali o di marketing senza chiedere dei risultati qualitativi e quantitativi , senza essersi prefigurati degli obiettivi , senza aver immaginato degli strumenti (anche imperfetti) per misurare gli effetti delle azioni stesse? Eppure in molte aziende, anche di grandi dimensioni, non c’è attenzione a questo genere di aspetti, specie se il marketing è confuso con la comunicazione, sineddoche così frequente, che pare consentire di rimandare